Nata anche in Valdera la “nuova” Società della Salute. Firmata la convenzione e lo statuto e nominati gli organi

Il comunicato stampa

Si è concluso mercoledì 10 marzo anche in Valdera il percorso di adeguamento della Società della Salute alle disposizioni della legge regionale 40/2005 (modificata a fine 2008) con la sottoscrizione della convenzione e dello statuto davanti al Segretario Comunale del Comune di Pontedera, dopo l’approvazione degli stessi atti da parte di tutti i Consigli Comunali dei 15 comuni della Valdera e dal Direttore Generale dell’Azienda USL n.5 di Pisa. Con questo atto la Società della Salute si costituisce come consorzio pubblico composto dai comuni della valdera insieme all’Azienda USL 5 di Pisa e acquisisce un assetto compiuto e stabile. Viene pertanto chiusa la fase di sperimentazione iniziata a fine 2004, che ha sicuramente rappresentato per la valdera una preziosa e positiva esperienza. Compito principale della Società della Salute è quello della programmazione strategica e operativa delle attività sanitarie territoriali, socio-sanitarie e sociali della zona valdera, con una formula innovativa a livello nazionale. Importante sarà la collaborazione ed il rapporto con i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, il raccordo con l’ospedale – soprattutto per garantire la continuità assistenziale tra ospedale e territorio -, l’integrazione con il Dipartimento della Prevenzione in relazione ai comuni obiettivi di salute nonché la definizione di accordi e intese con la Provincia e l’Unione Valdera per un miglior coordinamento delle attività nelle politiche di competenza di tali enti e che incidono sullo stato di salute e benessere dei cittadini. La nuova Società della Salute intende sviluppare e promuovere ulteriormente la partecipazione dei cittadini e degli operatori alle scelte del consorzio; determinante sarà nel lavoro della Società della Salute il supporto strategico dei due importanti organismi della partecipazione, la Consulta del terzo settore ed il Comitato di Partecipazione e delle organizzazioni sindacali.

Dopo la firma degli atti si è insediata l’ assemblea dei soci composta dai sindaci dei 15 comuni della Valdera e dal Direttore Generale dell’Azienda USL n. 5 di Pisa che ha provveduto alla elezione degli organi quali il Presidente e la Giunta Esecutiva. E’ stato eletto all’unanimità il Presidente della Società della Salute Valdera confermando Simone Millozzi, sindaco del comune di Pontedera; sono stati inoltre eletti, sempre all’unanimità, i componenti della giunta esecutiva nelle persone del Presidente della Società della Salute, Simone Millozzi, del Direttore Generale dell’Azienda USL 5 di Pisa, Maria Teresa De Lauretis, di David Turini, sindaco del comune di Santa Maria a Monte in rappresentanza della sub-area oltrarno, di Alberto Falchi, sindaco comune di Palaia in rappresentanza della sub-area alta valdera, di Giorgio Vannozzi, sindaco del comune di Casciana Terme in rappresentanza della sub-area media valdera. Ai componenti dell’Assemblea dei Soci, della Giunta esecutiva e al Presidente non spetta alcuna indennità. Dopo la sua elezione la Giunta esecutiva si è insediata ed ha provveduto a proporre confermando come direttore della “neonata” Società della Salute Valdera, Patrizia Salvadori, dando mandato quindi al Presidente della Società della Salute di procedere alla relativa nomina d’intesa con il Presidente della Giunta Regionale, valutata positivamente la professionalità, l’esperienza ed il lavoro svolto fino ad oggi nel ruolo di Direzione della Società della Salute della Valdera.

“Il lavoro della Società della Salute – ha commentato il sindaco di Pontedera Simone Millozzi – è stato positivo ed utile in questi anni. Il fatto stesso che tutti i comuni della Valdera abbiano proceduto con celerità e accordo alla firma di questa convenzione è la dimostrazione di quanto sia positivo questo ruolo. Occorre ribadire l’importanza del governo territoriale relativamente alle scelte strategiche sanitarie. Grazie a queste scelte unitarie e prese di concerto con l’Azienda Asl 5 di Pisa abbiamo, con l’aggiornamento dell’Accordo di Programma sul sociale, potuto acquisire finanziamenti su nuove infrastrutture socio sanitarie necessarie per rispondere ai bisogni dei nostri cittadini e per garantire, grazie all’impegno della Regione Toscana, un servizio sanitario pubblico sempre migliore. E’ errato, di contro, in questo quadro rendere sempre più incerte le risorse a disposizione del territorio, sulle politiche sanitarie, come sta facendo il Governo. Il consistente taglio sul Fondo Sociale Nazionale mette in discussione fortemente i progetti e i servizi ormai consolidati nei nostri territori che rispondono ai bisogni reali della Valdera. Occorre su questi temi aprire una riflessione pubblica facendo percepire ai cittadini, alle associazioni, al mondo del volontariato e della cooperazione l’estrema gravità di tale situazione”.

Pontedera, 12 marzo 2010

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Sulle affermazioni della candidata del centrodestra su Pontedera

Sono rimasto sorpreso dalle dichiarazioni che il candidato del centro destra alla presidenza della Regione Toscana ha rilasciato durante la propria visita a Pontedera, avvenuta sabato scorso.

Pur senza voler entrare assolutamente nella campagna elettorale visto il ruolo che ricopro mi trovo costretto tuttavia a precisare alcuni passaggi delle dichiarazioni della candidata Faenzi riportati sulla stampa.

La vicenda che vide la città di Pontedera e l’allora sindaco Enrico Rossi contrapporsi al trasferimento delle officine meccaniche a Nusco non si concluse con “un accordo favorevole” alla Piaggio ma con la rinuncia da parte dell’azienda al proposito di trasferirsi e con l’avvio di un percorso comune. Forse il candidato di centrodestra dovrebbe informarsi su cosa fu il “Progetto Pontedera” che è stata la grande cornice strategica sulla quale è stata disegnata la Pontedera di questi anni. Rossi, insieme a Giovanni Alberto Agnelli, disegnarono uno scenario, per questa città e per la nostra industria manifatturiera, di grande rilievo. E non è un caso se Pontedera non abbia vissuto la deindustrializzazione selvaggia che ha caratterizzato le grandi città industriali italiane e straniere ma abbia avuto la capacità di trasformarsi, senza soluzione di continuità, in un centro della ricerca, della formazione, della qualità. E’ certamente anche grazie alle scelte fatte in quella fase se oggi Pontedera, secondo uno studio del prestigioso centro Sintesi, pubblicato dal settimanale Panorama (che mi risulta vicino al leader del centrodestra), risulti la città del centro e sud Italia dove la qualità della vita è più alta. La Faenzi ricordi che Rossi in questa città ha avuto sempre altissimi consensi che sono il segno della stima e della fiducia che riceve per quello che ha fatto. Avrebbe fatto bene, il candidato del centrodestra, a osservare attentamente che modello sociale e culturale è stato creato in questa città e trarne lezione.

Scrivo queste righe per ristabilire la semplice verità dei fatti e non per fini elettorali: ritengo inaccettabile una rappresentazione semplicistica e caricaturale della nostra città, della sua storia e di quella che è stata una pagina strategica e cruciale per il nostro territorio.

Simone Millozzi

Pontedera, 9 marzo 2010

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Sulle Tute Blu e il Comune

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Caro Mario Mannucci, caro responsabile della Nazione di Pontedera,

l’articolo pubblicato ieri dal vostro giornale ha il grande merito di aprire una riflessione sulla città e sulle dinamiche sociali in atto.

Occorre però ristabilire alcuni dati reali. Innanzitutto è ingeneroso e non rende giustizia alla pur interessante riflessione titolare che: “Il governo della città dimentica le tute blu”. Il governo della città, che poi sarebbe la mia giunta, NON dimentica affatto le tute blu. Il fatto che non ci siano piaggisti tra i consiglieri e nella giunta non significa affatto che ci sia distanza tra questa amministrazione e le esigenze degli operai e delle maestranze Piaggio. Voglio semplicemente ricordare che il primo impegno di questa amministrazione è stato quello di visitare tutte le aziende in crisi del territorio. Lo abbiamo fatto con discrezione e rispetto, come abbiamo messo in campo iniziative sulla crisi. Non manca l’attenzione. E’ vero invece che non ci sono piaggisti e gli operai sono pochi in Consiglio.

Proviamo a riflettere sul perché.

Innanzitutto i consiglieri vengono eletti e votati: sono state molte le forze politiche che ne hanno messo alcuni in lista. Ma non hanno preso i voti sufficienti. Perché non sono stati votati?

La mia opinione prende atto di due aspetti. Il primo è che le istanze tipiche del mondo operaio non sono più solamente peculiari di quel mondo. Mi spiego meglio. Operai, precari, impiegati, ma persino giovani professionisti, co.co.pro, e altre nuove figure sociali hanno ormai le stesse istanze ed esigenze: per cui la rappresentanza di tali figure è probabile che non spetti più solamente ad una precisa categoria.

Oggi un operaio con posto fisso, casa e famiglia alle spalle non è socialmente “più debole” di un giovane laureato che fa la pratica, di un piccolo commerciante, di un pensionato o di un giovane con contratto a termine. Vorrei ricordare, tra l’altro, che un assessore della mia giunta guadagna 1000 euro al mese (senza tredicesima). Sempre più la classe sociale di riferimento non dipende solo dal lavoro: anche perché siamo in un Paese nel quale il 60% della ricchezza dipende dalla rendita e non dagli stipendi: è questa una delle grandi ingiustizie del Paese e uno dei temi da affrontare. Il lavoro deve tornare ad avere dignità, ad essere fondamentale nel Paese. Ovviamente questo non vuol dire che il mondo operaio non abbia delle specificità e che spesso per gli operai il ventaglio delle opportunità è diverso da quello di altre categorie.

C’è un secondo fenomeno a Pontedera. In realtà nella nostra città vivono solo una parte dei piaggisti (intorno al 20% della forza lavoro metalmeccanica) gli altri vengono dalla Valdera, da Cascina, Pisa, Livorno. Questo è un dato di cui tener conto, come un dato di fatto è che nelle aziende dell’indotto gli operai siano molti cittadini stranieri che, come noto, non possono votare ed essere eletti.

Per questo ritengo la riflessione di Mannucci intelligente ed utile. Utile perché ci dovrebbe far riflettere non su “chi fa politica” ma sul “perché e per chi si fa politica”. Io non ho lasciato la mia attività tuttavia sento la necessità di impegnarmi per proporre una politica che vuole rendere meno forte il divario sociale tra i miei cittadini. Non tutte le forze politiche vogliono questo. Occorrerebbe ripartire da poche semplici realtà per capire meglio le differenze nel Paese. Che ci sono. Ma che non dipendono solo dal colore della tuta o della divisa che indossiamo.

Pontedera 12 febbraio 2010

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Intervento sulle foibe

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Commemorazione dei caduti delle Foibe

Con la legge numero 92 del 30 marzo 2004 il Parlamento italiano ha istituito – per il 10 febbraio di ogni anno, il «Giorno del ricordo».

Nella legge si spiega che:

“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado”.

Negli ultimi anni le scuole di ogni ordine e grado hanno effettuato percorsi didattici sui confini orientali dell’Italia dall’Ottocento alla Liberazione, sulle foibe, sull’esodo istriano.

La scelta del giorno del 10 febbraio è stata fatta perché in quella data, nel 1947, venne ratificato il Trattato di pace di Parigi che sanciva il passaggio alla Jugoslavia delle ex province italiane dell’Adriatico.

Tutti sappiamo cosa accadde in quei luoghi.

Già alla fine del fascismo si scatenò in quei territori(e qui faccio mie le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione del “Giorno del ricordo“. Roma, 10 febbraio 2007)…” una prima ondata di cieca violenza. Nell’autunno del 1943, si intrecciarono “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento” della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse.. “

Nel dopoguerra e nei decenni immediatamente successivi non furono mai effettuate stime scientifiche del numero delle vittime, che venivano usualmente indicate in 15.000 (e talvolta aumentate fino a 30.000). Studi rigorosi sono stati effettuati solo a partire dagli anni ‘90. Una quantificazione precisa è impossibile, vi è infatti una generale mancanza di documenti. Gli studi effettuati recentemente valutano il numero totale delle vittime (comprensive quindi di quelle morte durante la prigionia o la deportazione) come compreso tra poco meno di 5.000 e 11.000. Tra i caduti figurano non solo personalità legate al fascismo ma anche ufficiali e funzionari pubblici, parte dell’alta dirigenza italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo, tra cui compaiono esponenti di organizzazioni partigiane o anti-fasciste, sloveni e croati anti-comunisti, collaboratori e nazionalisti radicali e semplici cittadini. A salvarsi furono in 350mila. Abbandonarono tutto e scelsero l’esilio dall’Istria.

Si tratta di uno dei capitoli dolorosi della nostra storia recente.

Ma è stato lo stesso Presidente Napolitano che negli scorsi anni ha avvertito: “Le nuove generazioni non possono lasciar pesare sull’amicizia tra i nostri paesi (Italia e Slovenia) le colpe e le divisioni del passato”. Tuttoggi e troppo spesso queste ferite tornano a sanguinare e a riaprire contrasti con le giovani democrazie a noi vicine.

Per quanto riguarda la storia, invece, Napolitano precisa che un conto e’ non guardare troppo al passato, un altro rimuovere. E allora ci vuole una “obiettiva ricognizione storica”. Punto primo: “La memoria che coltiviamo è innanzitutto quella della dura esperienza del fascismo e delle sue responsabilita’ storiche”. Da questa presa di coscienza nacque l’Articolo 11 della Costituzione. Punto secondo: “Non cancelliamo nulla, tantomeno le sofferenze inflitte alla minoranza slovena negli anni del regime e della guerra”. Ragione per cui “non possiamo nemmeno dimenticare le sofferenze. Fino all’orribile morte, inflitte ad italiani assolutamente immuni da ogni colpa “.

La memoria, – è stato scritto -, dà forma e senso alla vita, proteggendola dal nulla e dall’oblio’. Con il ‘giorno della memoria’, l’Italia ha iniziato un cammino, per uscire da quel ‘nulla’ e dall’oblio e prendere finalmente coscienza di un passaggio drammatico, crudelissimo, ma incancellabile della sua storia.

Nella tragedia, gli anni delle foibe sono stati anche anni di sconfitta delle elevate tradizioni cosmopolite della città di Trieste e di tutta la Venezia Giulia, territori segnati da una formidabile dimensione multiculturale e dalla presenza sociale e culturale di consistenti e nobili comunità slovene e croate. È singolare, ma penso che non sia un caso, che la morte nelle foibe, le persecuzioni, la repressione abbiano colpito non solo i cittadini del Friuli Venezia Giulia e gli abitanti di Trieste, Gorizia, Fiume e dell’Istria tutta, ma anche i tanti italiani rimasti oltre il confine, vittime di un esilio massiccio e crudele. Dobbiamo alla volontà e alla forza degli italiani che vivevano fuori dalla loro patria se, in un contesto storico e politico difficile e spesso ostile, è stata mantenuta viva anche in quelle terre la memoria della cultura di lingua italiana e il ricordo fiero della straordinaria civiltà dell’adriatico orientale, ricca di storia, di forza intellettuale, di sapienza nel lavoro, di operosità, di esperienza nella vita sul mare e nel lavoro contadino.

Veniamo adesso più vicino a noi.

Negli ultimi giorni a Pontedera sono apparsi dei manifesti, sui muri della città, a firma di una sconosciuta “Uncrsi” nei quali si fa riferimento ai “martiri delle foibe” e nei quali si riporta in evidenza, nell’angolo in basso a destra, dove normalmente viene posizionato il simbolo delle associazioni, una foto di una Croce Celtica. Il manifesto è studiato in maniera magistrale. Infatti solamente la croce celtica stilizzata è riconosciuta come simbolo vietato dalla legge Mancino. Nel 1993, la legge Mancino ha sanzionato l’utilizzo dei simboli di organizzazioni e movimenti che istigano all’odio razziale: la croce celtica stilizzata si trova ad essere equiparata alla svastica del nazismo, costituendo apologia di reato. Nella legge però non si fa riferimento alla croce celtica che in molti casi si trova nelle lapidi dei cimiteri, ad esempio nei paesi anglosassoni. Il Comune di Pontedera di fronte a questi riferimenti ambigui ha immediatamente segnalato alla questura questi manifesti per le misure opportune che saranno valutate dagli organi competenti. Sabato scorso inoltre si sono sfiorati momenti di tensione tra gruppi di estrema sinistra e i nostalgici dell’Uncrsi. Si tratta di episodi che condanniamo: la città non ha bisogno di queste tensioni.

Questa Amministrazione Comunale condanna il fascismo e ogni suo richiamo. Il Comune di Pontedera coltiva da sempre la democrazia. Che significa anche ricerca della verità senza pregiudiziali.

In questa città abbiamo dedicato una Piazza al nostro concittadino Gino Luperini, testimone positivo del triste capitolo dell’aggressione fascista alla Jugoslavia. Ma abbiamo anche ricordato le Vittime delle Foibe dedicando loro, qui, un’altra strada.

L’Amministrazione Comunale vuole continuare questo percorso di ricostruzione della verità storica, senza alcuna strumentalizzazione politica. Per questo abbiamo deciso oggi di presentare anche un documento, ad opera di alcuni docenti dell’Iti Marconi su “La storia dei confini italiani orientali: guerre, fascismo, foibe, esodo”.

Ma il capitolo delle foibe, dunque, non cambia la sostanza della storia: violenza richiama violenza. La condanna delle ideologie, come quella fascista, che fecero della violenza un valore, è inappellabile. Ed anche il capitolo delle foibe fu, di fatto, anche se non unica causa, certamente anche una conseguenza della disavventura nella quale il fascismo ci portò. Senza tacere la reazione criminale di bande che usarono la vendetta e la pulizia etnica verso i nostri connazionali e la volontà, anch’essa di stampo etnico e nazionalistico, di cancellazione della presenza culturale italiana.

Come nazionalistiche e razziste erano le motivazioni alla base dello sterminio nazista di popoli e oppositori. Pochi istanti fa abbiamo ricordato anche le vittime dell’olocausto, la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Anche di questo dobbiamo ricordare. Anche questo pesante fardello ha accompagnato la seconda guerra mondiale e le tristi ideologie nazi-fasciste di superiorità della razza.

Non si va avanti senza ricordare ma non si va avanti nemmeno guardando solo al passato. Il mondo cambia: oggi le sfide sono altre e davvero impegnative. Il Comune oggi è impegnato a rispondere a queste sfide derivanti dal fatto che il mondo è sempre più piccolo ed interdipendente e assolutamente ingovernabile e persino non interpretabile con le logiche nazionalistiche o con gli strumenti ideologici dello scorso secolo. Chiediamo quindi a tutti di guardare al futuro e non solo al passato, evitando soprattutto di strumentalizzare questo passato, e i suoi morti, ai fini della lotta politica.

Morti che invece richiedono soltanto il rispetto e l’affettuosa memoria di tutti noi. E’ questo l’appello che lancio alla città e ai presenti che ringrazio per aver condiviso questa riflessione e questa commemorazione.

Pontedera 10 febbraio 2010

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Intervento in occasione dell’inaugurazione delle nuove strutture ospedaliere e sull’installazione della statua di Mikò in memoria di Suor Ilaria Meoli

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Cari cittadini, gentili autorità,

a tutti voi porto il saluto della città di Pontedera e dell’Amministrazione Comunale.

Nella presentazione di questa giornata si è detto che oggi inauguriamo il “futuro” dell’ospedale Lotti. Condivido ed apprezzo questa definizione. Non inauguriamo solo le strutture, le aree rinnovate, i nuovi spazi con lavori complessivi per oltre 20 milioni di euro. Inauguriamo qualcosa di meno visibile ma altrettanto importante: oggi apriamo una nuova fase di questo importante ospedale. Una fase nella quale, grazie a questi nuovi lavori, il Lotti sarà più ricco di possibilità, più comodo, più vicino alle esigenze dei cittadini, più adeguato a curare e migliorare la salute dei cittadini. Da oggi questo futuro significa che i cittadini staranno ancora meglio. Che la loro salute sarà ancora più garantita.

Questo è il momento anche per ricordare una nostra concittadina che ha lavorato e dedicato tutta la sua vita per far “stare meglio“ tanti cittadini, lontano da noi, in Africa: Suor Ilaria Meoli.

Anche il Comune di Pontedera ha potuto contribuire alla sua grande missione.Tutto cominciò nel 2004, quando l’allora sindaco Paolo Marconcini incontrò Suor Ilaria Meoli, Medico infettivologo, pontederese, religiosa della Congregazione delle Suore Carmelitane di S. Teresa di Torino, da anni impegnata a conoscere e a curare le malattie della popolazione locale in diversi Paesi africani. Suor Ilaria parlò dell’idea di costruire un ospedale nel cuore dell’Africa, a Bossemptélé, in Repubblica Centrafricana, una piccola cittadina a 300 km a nord-ovest della capitale Bangui. L’Amministrazione Comunale, da anni coinvolta in azioni di cooperazione internazionale e di solidarietà, assicurò l’impegno sostenendo l’Associazione “Noi per l’Africa – Onlus”, nata per la realizzazione dell’ospedale “Giovanni Paolo II” a Bossemptélé. Alla realizzazione hanno contribuito il comune di Pontedera ma anche la Conferenza Episcopale Italiana, oltre a diversi soggetti privati L’ospedale è in uno strategico punto di passaggio a Bossemptélé ed è un presidio di straordinaria importanza umana e sociale. Gli ospedali cambiano le vite: le migliorano.

Oggi è chiara a tutti la grandezza del lavoro di questa nostra concittadina. Pontedera fu sconvolta dalla notizia della sua morte in conseguenza di un incidente avvenuto nella terra che lei amava ed aiutava. Ricordarla, in questa giornata, significa per noi vivere sentimenti contrastanti: da una parte la tristezza e la malinconia per la sua precoce scomparsa e dall’altra gioia e orgoglio per ciò che lei ha fatto, per averla conosciuta, per aver apprezzato la sua grande generosità, perché siamo suoi concittadini.

Questa statua, donata alla città dall’associazione “Noi per l’Africa” (e di questo ringrazio la Presidente Laura Capantini) e realizzata dall’artista Giancarlo Mikò, ci ricorda la sua figura, in un luogo, sono certo, che lei avrebbe molto apprezzato: l’ospedale della sua città. Saluto la famiglia di Ilaria che ha voluto oggi essere presente con noi in questo momento di ricordo e di affetto.

La gratitudine del nostro territorio, della nostra comunità, va oggi anche ad Enrico Rossi, già sindaco di Pontedera e assessore regionale alla sanità da dieci anni. Enrico in questi dieci anni a Firenze ha lavorato dedicando sempre grande attenzione al nostro territorio. Anche da assessore regionale ha avuto a cuore le sorti della nostra città e della Valdera. A lui Pontedera deve veramente tanto. A lui devono tanto anche coloro che hanno a cuore una sanità pubblica efficiente e l’universalità del diritto alla salute.

La Regione Toscana, grazie al suo apporto ed alle sue capacità, è ormai riconosciuta a livello nazionale, come una delle regioni dove il sistema sanitario pubblico ha raggiunto un livello di qualità eccellente ed oggi questo modello viene visto come esempio virtuoso da seguire.

In una fase storica difficile come questa, ove vi è una crisi sociale ed economica che sta attraversando il nostro paese, occorre rafforzare le politiche socio sanitarie sul territorio e mantenere alto il livello dei nostri servizi sociali e sanitari.

Per questo non dobbiamo fermarci. In questi giorni la Regione ha sostenuto altri progetti presentati dalla Società della Salute. Ben due milioni di euro sono stati destinati a importanti presidi socio-sanitari a Pontedera e in Valdera. Proseguiremo su questa strada.

Per quanto detto oggi inauguriamo “il futuro” e non solo un ampliamento infrastrutturale. Un futuro che sarà grande ed importante soprattutto grazie alle persone che vi lavorano. Colgo l’occasione, infatti, per ringraziare tutti coloro che ogni giorno operano per la salute dei cittadini, dai medici, agli infermieri a tutto il personale del Lotti: senza di voi, senza la vostra qualità professionale, senza la vostra passione, la vostra umanità, la vostra dedizione al lavoro, questi risultati non si sarebbero mai potuti conseguire.

Un ringraziamento, e concludo, al direttore generale Teresa de Lauretis che, con competenza e professionalità, ha saputo guidare questo percorso di consolidamento ma anche di rinnovamento.

Grazie.

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Sui manifesti apparsi in città

Nelle ultime ore a Pontedera sono apparsi dei manifesti, sui muri della città, a firma dei nostalgici della Repubblica Sociale di Salò, “Uncrsi”, nei quali si fa riferimento ai “martiri delle foibe” e nei quali si riporta in evidenza, nell’angolo in basso a destra, dove normalmente viene posizionato il simbolo delle associazioni, una foto di una Croce Celtica. La croce celtica stilizzata è riconosciuta come simbolo vietato dalla legge Mancino. Nel 1993, la legge Mancino ha infatti sanzionato l’utilizzo dei simboli di organizzazioni e movimenti che istigano all’odio razziale: la croce celtica stilizzata si trova ad essere equiparata alla svastica del nazismo, costituendo apologia di reato. Il Comune di Pontedera di fronte a questi riferimenti ambigui ha immediatamente segnalato alla Questura questi manifesti per le misure opportune che saranno valutate dagli organi competenti. Questa Amministrazione Comunale condanna il fascismo e ogni suo richiamo. I manifesti in questione sono volutamente ambigui e di cattivo gusto raffigurando anche un cimitero tetro. Il Comune di Pontedera coltiva da sempre la democrazia. Che significa anche ricerca della verità senza pregiudiziali. In questa città abbiamo dedicato una Piazza al nostro concittadino Gino Luperini, testimone positivo del triste capitolo dell’aggressione fascista alla Jugoslavia. Ma abbiamo anche ricordato le Vittime delle Foibe dedicando loro un’altra strada: molti di loro furono vittime innocenti delle follie e delle vendette di una guerra voluta dal nazifascismo. E l’Amministrazione Comunale con linearità e onestà intende affrontare i temi della completa e complessiva vicenda storica, senza alcuna strumentalizzazione politica: il prossimo 10 febbraio il Comune, insieme anche alle scuole, ricorderà ad esempio questi eventi. Ma il capitolo delle foibe, pur drammatico e triste, non cambia la sostanza della storia: violenza richiama violenza. La condanna delle ideologie, come quella fascista, che fecero della violenza un valore, è inappellabile. Ed anche il capitolo delle foibe fu una conseguenza della disavventura nella quale il fascismo ci portò e del quale il fascismo porta la responsabilità assoluta. Pur senza tacere, ovviamente, la reazione incontrollata e spesso criminale di coloro che usarono la vendetta e la pulizia etnica verso i nostri connazionali. I nostalgici di una stagione triste e di terrore come fu quella fascista sappiano che a Pontedera, città dalle profonde tradizioni democratiche e solidali, non troveranno un terreno fertile per le loro strumentali celebrazioni e nemmeno per promuovere volgari e grossolane riletture della storia.

29/01/2010

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Sulla battaglia di Nikolajewka e sulla giornata della memoria

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Celebrazione 67° Anniversario Caduti della Battaglia di Nikolajewka

Cari Cittadini,

anche quest’anno il Comune di Pontedera vuole celebrare, a 67 anni di distanza da quei tragici eventi, la battaglia di Nikolajewka.

Nikolajewka era una piccola località della vasta pianura russa, dove scorre il fiume Don. Il nome di questa località è divenuto famoso per la lotta disperata ingaggiata dai soldati italiani, gli alpini della Divisione “Tridentina”, che insieme a quelli d’altre unità combattenti alpine, si batterono per uscire dall’accerchiamento che l’esercito sovietico aveva creato attorno a loro e ad altri quarantamila sbandati sia dell’armata italiana, sia delle forze alleate (tedeschi, ungheresi e rumeni).

Fu di fatto l’ultimo grande scontro della nostra ritirata dalla Russia. Fu la battaglia della disperazione e della salvezza. L’azione iniziò all’una di notte del 26 gennaio 1943. Nuto Revelli, su “La Stampa” nel gennaio 1963, fece una descrizione dettagliata di quei giorni.

“Il Corpo d’Armata Alpino, accerchiato da reparti corazzati, aveva cominciato a ripiegare dalla linea del Don il giorno 17: in quel momento, il generale Gabriele Nasci, comandante del Corpo d’Armata, poteva contare su 57.000 uomini, nelle divisioni “Cuneense”, “Julia”, “Tridentina” e “Vicenza”. Dopo nove giorni di combattimenti e di marce in condizioni ambientali tremende, nella neve ora gelata ora sabbiosa in cui si affondava sino al ginocchio, e con un freddo fra i 30° e i 40° sottozero, le nostre truppe si trovarono decimate. Migliaia di alpini erano morti e migliaia erano stati catturati dai russi”.

La battaglia fu massacrante. Per tutti.

“Anche per i sovietici, sopraffatti dalla massa enorme di italiani piombata sulla città, esisteva il problema della sopravvivenza. Anche loro erano provati dai combattimenti, con molti feriti, paralizzati come noi dalla temperatura a 30° sottozero. In questo ambiente, in certi settori della città si stabilì quasi una tregua forzata”. Un tregua con episodi di una umanità incredibile. Uno, famosissimo, lo raccontò lo scrittore Mario Rigoni Stern, allora sergente maggiore della 55^ del “Vestone” che entrò in un’isba occupata da soldati russi. Aveva fame. Una donna gli porse un piatto di latte e miglio. Rigoni Stern mangiò sotto lo sguardo dei sovietici, poi ringraziò e uscì”.

La battaglia, che costò decine di migliaia di uomini, terminò con la rottura dell’accerchiamento russo e la continuazione della lunga marcia per il ritorno a casa degli italiani. Fu una battaglia per conquistarsi il diritto a tornare a casa e non per conquistare nuove terre.

La tragedia della folle Campagna di Russia era finita.

Alle truppe italiane, per andare in Russia, nell’estate del 1942 erano state necessarie duecento lunghe tradotte; per ritornare in patria, nella primavera del 1943, bastarono 17 brevi convogli ferroviari.

Di 229.000 soldati italiani inviati in Russia, 29.690 furono rimpatriati perché feriti o congelati. Dei rimanenti, i superstiti furono solo 114.485. Mancarono all’appello 84.830 uomini di cui 10.030 furono restituiti dall’Urss.

Il totale delle perdite ammontò a 74.800 uomini.

Va anche ricordato che il popolo russo fu quello più colpito da quella catastrofe che fu la seconda guerra mondiale: furono oltre venti milioni i morti russi, gran parte di loro erano civili cittadini.

Perché raccontare e ricordare oggi quella tragedia, a così tanti anni di distanza? Occorre innanzitutto raccontare ai giovani ciò che è stato. Un popolo senza memoria non ha futuro. Oggi, immersi nella nostra quotidianità e nel nostro benessere, facciamo persino fatica ad immaginare cosa furono quella battaglia e quella folle guerra.

Ed è importante oggi ascoltare il messaggio dei superstiti “che – come scriveva Revelli – fu di condanna dell’assurda politica di guerra del fascismo. Questo spiega perché le popolazioni delle valli che avevano visto morire i loro figli in Russia si schierarono subito, d’istinto, con la Resistenza. Così avvenne nelle vallate di Como, dove bruciante era il ricordo dei quattordicimila caduti e dispersi della Divisione “Cuneense”. I partigiani lottarono contro i nazi-fascisti anche per conto dei fratelli, dei figli, degli amici che erano morti in Russia”.

E occorre anche ricordare che quella battaglia, e la campagna di Russia, furono un tassello del mosaico ben più ampio e apocalittico che fu la seconda guerra mondiale. In queste ore stiamo celebrando infatti anche la Giornata della Memoria nel quale vogliamo ricordare la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ma anche “la Shoah (lo sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Anche di questo dobbiamo ricordare. Anche questo pesante fardello ha accompagnato la seconda guerra mondiale e le tristi ideologie nazifasciste di superiorità della razza.

Primo Levi sosteneva che ”Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Capire le ragioni della follia collettiva rappresentata da una guerra è sempre difficile. Ma oggi è ancora importante conoscere ciò che è stato. La pace è un valore assoluto che dobbiamo difendere tutti. La migliore società che possiamo costruire per i nostri figli è una società che non debba conoscere la guerra: se saremo stati capaci di ciò avremo svolto con onore e giustizia il nostro ruolo e potremo dirci buoni padri.

Pontedera 21 gennaio 2010

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Commemorazione dei bombardamenti subiti dalla città nel 1944

Anche quest’anno celebriamo, ed è la prima volta che lo faccio da sindaco, l’anniversario dei tragici bombardamenti di Pontedera avvenuti tra il 18 e il 21 gennaio 1944.

Vogliamo ricordare quei 130 nostri concittadini che non ci sono più, quella grande tragedia, una delle più grandi che colpì la nostra città. Molti erano cittadini rifugiatisi nella zona dell’Orto del Rosati ma abitanti di ogni zona della città.

Spesso le giovani generazioni non ne sono a conoscenza ma la nostra città pagò un tributo carissimo al secondo conflitto mondiale: 370 morti, 1200 feriti, l’80% di abitazioni distrutte o danneggiate, come anche le scuole e le industrie.

Pontedera anche allora era una città strategica e a vocazione industriale: un obiettivo molto importante per i bombardieri americani che stavano risalendo l’Italia per sconfiggere quei nazi-fascisti, che avevano voluto la guerra per imporre ad altri Paesi la propria visione della società.

Ma fu Pontedera, e non solo il nazifascismo, a pagare quella follia con il sangue dei propri figli. Pontedera fu bombardata a tappeto diverse volte. Gli americani tentavano di distruggere quella che era una delle più importanti fabbriche di aerei da guerra del Paese. Le fabbriche che avevano rappresentato le principali fonti di benessere per la città adesso si trasformavano nella principale causa del dramma. La storia deve essere maestra di vita e noi dobbiamo trarre insegnamento da quello che è accaduto. Abbiamo anche il dovere di ricordare, di coltivare l’esercizio della memoria. Questo momento di riflessione che stiamo vivendo deve servire a farci ricordare come le guerre siano una sconfitta dell’umanità, di tutta l’umanità.

Dobbiamo pensare con mente nuova al futuro, alle relazioni con gli altri e fra i popoli. Il mondo è cambiato. E’ un immenso villaggio. La fame e la povertà di altri popoli riguardano anche noi. La disperazione di quella gente è una disperazione che raggiunge le nostre coste e alberga affianco alle nostre case. Urge un mondo più giusto, più equo, migliore. Un mondo che si costruisce con la pace e non con le guerre. Negli ultimi mesi abbiamo visto molte tragedie vicine e lontane: il terremoto all’Aquila, la strage di Viareggio, l’alluvione a Messina, il sisma di Haiti. Sono tragedie di tutti. Sono drammi di un unico popolo di cui facciamo parte. Sono drammi che ci fanno capire quanto sia importante una maggiore solidarietà tra tutti. Per questo noi vogliamo ricordare ciò che fu a Pontedera, l’assurdità della guerra, i nostri caduti. Il compianto Pietro Giani raccontò con gli occhi di bambino quei tempi. Sono parole da non dimenticare, mai.

E ringrazio ancora chi si impegna ogni anno per coltivare la memoria di ciò che fu.

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I tagli della Finanziaria e i Comuni

Sono sindaco di una città di circa 30 mila abitanti da pochi mesi e la prima cosa che mi ha colpito è stata la fiducia che i cittadini ripongono sul sindaco e sul Comune. I cittadini vengono in Comune, a parlare con il sindaco, di tutto: del lavoro, dei problemi condominiali e qualche volta di quelli famigliari, dei guai di salute o di quelli economici, della propria azienda, della pensione o delle scuole che non vanno .

Una grande percentuale di problemi che i cittadini mi segnalano non riguardano direttamente l’azione del Comune. Come qualcuno ha già osservato i Comuni sono il “front office”, gli uffici più vicini e aperti ai cittadini. Il senso stesso della democrazia si concretizza attraverso l’azione delle amministrazioni comunali.

Di fronte a questa osservazione, a questa esperienza credo condivisa da qualsiasi sindaco, resto stupito davanti a quanto contenuto nella recente Finanziaria, la cosiddetta “Manovra Calderoli”. Resto stupito perché questa Finanziaria stabilisce il taglio di molti assessori e consiglieri degli enti locali. Non solo: impone l’obbligo di rinunciare al direttore generale, al difensore civico. Cancella le circoscrizioni. Il tutto per un risparmio di 13 milioni di euro nel 2010, su una finanziaria di 9 miliardi di euro. Il danno alla partecipazione dei cittadini, alla democrazia, è enorme di fronte al vantaggio irrisorio in termini economici. Del resto è davvero singolare che un Ministro di un governo e di una forza politica che ha fatto dell’autonomia e del federalismo la propria ragione d’essere, incida, da Roma, così pesantemente sugli strumenti democratici più vicini ai cittadini.

I cittadini, spesso, non hanno ben chiaro quello che sta accadendo. A partire dalle prossime elezioni amministrative una città della dimensioni di Pontedera dovrebbe rinunciare a 3 assessori, sui sette di cui oggi dispone, e a 5 consiglieri comunali, sui ventuno attuali. Stiamo parlando di persone che oggi guadagnano qualcosa come mille euro netti al mese (gli assessori, la metà per coloro che lavorano) e circa 20 euro a seduta (circa 2 al mese), i consiglieri. A costoro, spesso persone che rinunciano al proprio tempo libero per rappresentare le istanze dei cittadini, per incontrarli, per parlare con la gente, si preclude la rappresentanza politica e ad essi si vorrebbe dare la responsabilità degli sprechi di questo Paese?

E’ una situazione veramente paradossale.

Spesso si è usato in questi giorni il termine “poltrone” per definire l’obiettivo di questi tagli. Mi permetto di richiamare tutti, anche la stampa, ad una maggiore attenzione: non sono certamente queste le “poltrone” di questo Paese. E sia ben chiaro che queste decisioni unilateralmente prese a livello governativo non riconoscono affatto le differenze qualitative. Il nostro comune, Pontedera, in base ad uno studio su parametri oggettivi del prestigioso Centro Sintesi di Mestre (peraltro riportato dal settimanale Panorama) è risultato il primo comune (tra i 10 mila e i 100 mila abitanti) del centro-sud Italia per qualità della vita: ebbene subirà gli stessi tagli di ogni altro ente, virtuoso o meno che sia.

E’ una idea alquanto strana di democrazia. Una idea, tra l’altro, che ci preoccupa quando osserviamo che le elezioni amministrative per le comunali sono le ultime elezioni rimaste, a livello nazionale, nelle quali si può ancora esprimere la preferenza personale e scegliere il cittadino che conosciamo personalmente, per rappresentarci. Mi auguro che si ripensi questa decisione. Mi auguro che la politica, che questo Governo, ripensino questa strada. Mi auguro che la politica non si trasformi in talk show lontani dai quali assistere seduti in poltrone.

Mi auguro che non si vogliano umiliare così le lotte dei nostri padri costituenti che ci hanno dato una architettura costituzione, di autonomie locali, ricca di articolazioni e contrappesi.

Questo Governo ascolti almeno i sindaci della propria parte politica che hanno lanciato tutti insieme nell’Anci un chiaro grido d’allarme.

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Sulle dichiarazioni di Confcommercio

Sono sorpreso dal tenore e dal contenuto delle dichiarazioni rese alla stampa dal Presidente di Confcommercio, Bozzi, sui temi della sosta e della rimodulazione delle tariffe dei parcheggi. Innanzitutto non esiste nessuna “fuga in avanti”. L’idea di una rimodulazione delle tariffe per “indirizzare meglio la domanda di sosta nelle diverse zone e in differenti fasce orarie” è contenuta (ho citato le parole testuali) nel programma elettorale sulla base del quale sono stato eletto sindaco della città. Non solo: ne ho parlato durante gli incontri in campagna elettorale, anche con i commercianti. Se ne è discusso anche in Consiglio Comunale. Inoltre lo stesso ex assessore al commercio di Pontedera, che ha condiviso la stesura del programma, è oggi un dirigente di Confcommercio e conosce bene da tempo la questione.

Non vedo quindi affatto fughe in avanti. Noi crediamo nella concertazione. Per questo stiamo avviando il confronto con le associazioni di categoria prima di intervenire concretamente: siamo alle linee generali. Quelle che ho tracciato nell’intervista di fine anno con i giornalisti sono le linee generali che abbiamo in mente. Sono le linee propedeutiche alla concertazione a cui nessuno vuole togliere spazio. Ci piacerebbe che tutti apprezzassero e rispettassero questa concertazione prima di aprire sterili polemiche. Faccio anche notare che il tema in discussione non è quello dell’”aumento” delle tariffe ma di una differenziazione. Noi vorremmo rimodulare le tariffe degli stalli in base alla posizione nella città e all’ora. Confcommercio vuole vedere solo il bicchiere mezzo vuoto: in realtà per molte zone della città (e molte zone anche commerciali) questo significherebbe una diminuzione delle tariffe. L’esigenza nasce dalla volontà e dalla attenzione del Comune verso i cittadini, i commercianti ed i residenti. E’ evidente che in certi orari e in certe zone la sosta diventa difficoltosa per tutti e spesso occorre fare più giri con l’automobile per trovare parcheggio, nelle aree più vicine al centro; mentre a cento metri di distanza gli stalli sono più liberi. Credo che questo non giovi a nessuno: nemmeno ai commercianti del centro.

Se creiamo un meccanismo che invoglia il cittadino o il visitatore a parcheggiare 50-100 metri più in là, risparmiando, credo che si faccia un buon servizio sia ai cittadini che alle attività economiche. Come penso sia utile a tutti che i visitatori siano invogliati a visitare la città anche in orari meno classici e di punta, se devono fare acquisti. Chiunque possegga un’attività commerciale sa benissimo che è meglio avere i clienti che vengono in negozio in maniera più regolare, piuttosto che tutti insieme.

Mi auguro che anche questa volta, come in passato, quando facemmo scelte anche difficili rivelatesi poi lungimiranti, Confcommercio collabori con il Comune su questo progetto di ampio e lungo respiro, nell’interesse dei commercianti e della città tutta di Pontedera.

Pontedera, 29 dicembre 2009

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